Lo sguardo rivolto al futuro, il sistema ancorato al passato

Un paradosso: le parole del momento in Italia ed in Europa sono innovazione, green, transizione verde, transizione digitale; parole prepotentemente in voga anche nel settore logistico, con programmi di sviluppo imponenti da realizzare nell’immediato futuro. Nei fatti però, il mondo della logistica fa ancora pesantemente i conti con un apparato burocratico, quello italiano, che ne ostacola costantemente lo sviluppo, non donando la giusta luce ad un settore che ha tenuto botta, come spesso abbiamo sottolineato anche su questo portale, nei mesi peggiori della pandemia Covid-19. Il dato di fatto unico ed incontestabile è che l’Italia nel 2021, nonostante una posizione strategicamente perfetta, al centro del Mediterraneo, sfrutta ancora molto poco le enormi potenzialità del proprio bacino. Perché? Andiamo a vederlo insieme…

Un sistema inefficiente

Dei dati raccapriccianti: l’indice della Banca Mondiale sui tempi e costi associati alla logistica vede l’Italia al 19°posto nella graduatoria mondiale; allo stesso tempo l’indice UNCTAD sulla connessione di un porto alla rete logistica globale, vede Genova, lo scalo italiano più rappresentativo a livello assoluto, al 31° posto con un punteggio pari al 40% in meno rispetto a Rotterdam, il porto europeo più importante.

Non potrebbe essere altrimenti dal momento che sono 177 i procedimenti amministravi per i controlli della merce portuale facenti capo a 17 Amministrazione pubbliche diverse. Una inefficienza di un processo farraginoso e faticoso che, secondo i dati di Cassa Depositi e Prestiti, comporta un costo extra dell’11% per le aziende italiane del ramo logistico rispetto al resto d’Europa. A questo va aggiunto il carico da 90 legato al divario logistico-infrastrutturale valutato in circa 70 miliardi di euro, 30 dei quali connessi ad oneri burocratici e ritardi digitali. Un vero disastro.

L'Italia deve svegliarsi

Come uscirne?

Le chiavi di lettura sono molteplici. Certamente non è pensabile che il mondo della logistica italiana si basi ancora su leggi emanate a cavallo tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo: un altro mondo. Per far sì che possa partire una vera “rimonta” cercando di tenere il passo del resto d’Europa è necessario creare sviluppo agevolando la messa in moto di strumenti come la ZES, approvata da quasi un lustro ma di fatto ancora ai box a livello attuativo. Bisogna inoltre snellire pesantemente la macchina burocratica legata alle procedure doganali ed al controllo delle merci.

Fondamentale deve essere tappare le enormi lacune infrastrutturali connesse ai fondali, agli spazi ed alla accessibilità ai porti; investire nell’intermodalità e nei collegamenti con i corridoi europei.

In buona sostanza l’Italia deve svegliarsi, e deve farlo in fretta per non viaggiare verso la maglia nera del settore logistico ma al contrario inseguire gli esempi virtuosi in tal senso, su tutti Rotterdam ed Anversa.

Saranno questi gli sviluppi? Ai posteri l’ardua sentenza.