Continua a decollare il trasporto merci via mare fra nuovi trend e grandi opportunità

Continua a lievitare in maniera costante il volume d’affari legato al commercio ed al trasporto internazionale di merci via mare. L’Italia, malgrado le enormi opportunità legate alla posizione strategica ed ai canali già aperti, specie con l’Asia, continua a mostrare una certa miopia, raccogliendo comunque grandi risultati, ma al di sotto delle reali potenzialità.

Sul panorama mondiale, l’incidenza della guerra di dominio tra Cina e Stati Uniti d’America in termini di import-export è piuttosto pesante, con le esportazioni di container Asia America diminuite di circa il 10% su base annuale.

Proprio quella dei container è l’attività di movimentazione che vede maggiormente protagonista la Cina; i container sinici sono infatti pari ai due terzi del commercio mondiale dello stesso settore, con numeri che si aggirano sui 250 milioni.

Il commercio marittimo rappresenta un asset fondamentale per l'economia italiana che fa i conti con i blocchi USA

La “trade-war” non intacca comunque quelli che sono i valori del commercio marittimo, con una crescita di anno in anno che varia sui 3,8 punti percentuali in positivo, destinata a decollare ulteriormente nel triennio 2021-2023.

Nel quadro generale il nostro Paese registra sicuramente delle performance molto importanti in questo settore. Tuttavia sono molti i problemi con cui l’Italia deve necessariamente fare i conti se si allarga lo sguardo puntando ai numeri del commercio mondiale.

La crescita internazionale del nostro trasporto marittimo è a tutti gli effetti innegabile: il valore degli scambi commerciali via mare dell’Italia viaggia su cifre che si aggirano tra i 250 ed i 300 miliardi annualmente, con il “settore mare” che assorbe quasi il 40% dell’interscambio italiano.

A livello interno, a giocare un ruolo chiave in questi numeri sono le regioni del centro-sud, nel nostro commercio marittimo infatti i porti del Mezzogiorno si attestano su percentuali di peso che si aggirano intorno al 50% sul totale nazionale.La Cina si attesta di fatto come il nostro principale Paese fornitore: i rapporti “in entrata” con gli asiatici valgono poco meno di 25 miliardi di euro e rappresentano quasi il 20% di tutto l’import via mare italiano. Diverso è il discorso per l’America: gli Usa sono infatti la principale fonte di guadagno del nostro export con poco meno di 30 miliardi di euro, quasi il 25% del totale del nostro export.

Numeri da capogiro, sì. Ma perché “sedersi” quando si potrebbe spingere molto di più?

Con investimenti portuali mirati all’un aumento della capacità e dell’attrazione del traffico dei nostri porti del 10%, si genererebbe un impatto economico, in termini di crescita, superiore ad altri 3 miliardi di euro.

Stando ai dati che emergono da diversi studi, l’utilizzo dell’intermodale (sistemi di trasporto diversi regolati da un unico contratto), appare ancora molto basso rispetto al resto d’Europa.

Un ruolo fondamentale sarà sicuramente giocato dalle ZES (Zone Economiche Speciali): istituzioni che devono al più presto entrare prepotentemente in azione per far sì che il tessuto produttivo lieviti e che vengano attratte nuove aziende dall’estero.

ZES, pesanti investimenti sulle infrastrutture ed adeguamento al repentino cambiamento a tutti i livelli, specie nella PA, sono fattori fondamentali per rispondere in maniera positiva al grande interesse che i mercati esteri dimostrano per l’Italia, soprattutto la Cina, vero potenziale volano per l’economia italiana legata al commercio marittimo e non solo.